- Nome d'arte: Paolo Villaggio
- Data di nascita: 30 dicembre 1932 (venerdì)
- Data di morte: 3 luglio 2017
- Età: 91 anni
- Segno zodiacale: Capricorno
- Professione: Attore
- Titolo di studio: Diploma di Liceo Classico
- Luogo di nascita: Genova-Liguria-Italia
- Luogo di morte: Roma-Lazio-Italia
- Altezza: 164 cm
- Peso: 79 kg
La vita privata di Paolo Villaggio
Paolo Villaggio è nato a Genova in Liguria il 30 Dicembre 1932, ed è morto a Roma il 3 Luglio 2017.
È stato un grande attore comico italiano, paragonabile a Totò.
I suoi genitori furono Ettore Villaggio (1905-1992), ingegnere edile palermitano e Maria Faraci (1905-1998), insegnante di lingua tedesca di origini veneziane. Ebbe un fratello gemello Piero Villaggio (1932-2014), divenuto docente della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Paolo si diplomò al Liceo classico Andrea Doria e in seguito s’iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ma non portò a termine gli studi.
Sposò Maura Albites, conosciuta nel 1954 al Lido di Genova. Dal matrimonio nacquero Elisabetta (1959) e Pierfrancesco (1962). Paolo venne assunto come impiegato addetto all’organizzazione di eventi aziendali presso la Cosider. Questa esperienza lavorativa ispirò i personaggi dei suoi libri e dei suoi film.
Ugo Fantozzi alias Paolo Villaggio
Paolo Villaggio ha il merito di aver dato vita ad una maschera, degna della Commedia dell’Arte Italiana, il ragionier Ugo Fantozzi, protagonista di una trilogia di libri e di numerose pellicole cinematografiche.
Fu Carlo Goldoni nel diciottesimo secolo a definire Commedia dell’Arte proprio il teatro comico, intendendo la parola arte nel senso originario latino di mestiere, per spiegare la rappresentazione teatrale eseguita da un gruppo di artisti che usano maschere e improvvisano le loro parti.
Paolo Villaggio pubblica i suoi primi racconti che hanno per protagonista Ugo Fantozzi sulla rivista Europeo. Nel 1971 essi vengono riuniti nell’opera prima titolata Fantozzi, edita da Rizzoli. Un milione di copie vendute, da subito il libro fu un fenomeno sociale e culturale, un’ottima idea da cui realizzare film.
I primi film furono Fantozzi (1975) e Il secondo tragico Fantozzi (1976), diretti da Luciano Salce. L’autore-inventore di Ugo Fantozzi ne diviene anche l’interprete sullo schermo.
Fantozzi, infatti, è simile ad un personaggio autobiografico, scaturisce dalla libera visione che Paolo Villaggio ha del mondo e di se stesso. Personaggio ed interprete finiscono inevitabilmente per identificarsi, in virtù anche del fisico, poco prestante, di Villaggio.
L’attore sarà supportato da spalle e caratteristi autorevoli che renderanno indimenticabili le macchiette da lui ideate.
Esilaranti sono Anna Mazzamauro, la signorina Silvani, Gigi Reder, il ragionier Filini, Liù Bosisio, la moglie, Nietta Zocchi, la Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare.
I film di Fantozzi diverranno in seguito una saga, e Neri Parenti sarà il regista di molti di essi.
Altra maschera famosa ideata da Paolo Villaggio è Giandomenico Fracchia, una diversa e antecedente declinazione di Ugo Fantozzi. Tra i personaggi del comico c’è anche il professor Kranz, tedesco di Germania.
Chi è Ugo Fantozzi?
Il ragioniere Ugo Fantozzi, nella triste epoca del consumismo e della società industrializzata, è lo Zanni che rappresenta la classe media, desiderosa di evolversi e perennemente delusa, è lo sfigato dei tempi della cultura di massa, di cui interpreta vizi e virtù.
Il personaggio di Fantozzi è talmente verosimile da diventare in breve la maschera comica nazionale, portatrice di una comicità surreale, e di un linguaggio paradossale, composto da neologismi e aggettivazione enfatica, tipo megadirettore galattico, errori morfologici, come i congiuntivi dichi, facci, vadi.
Il modo di esprimersi di Fantozzi è entrato a far parte del patrimonio comune della lingua italiana. Con il temine fantozziano, il Dizionario indica proprio la figura dell’impiegato sottomesso ai superiori e immensamente sfortunato.
Gli eterni bambini che sono i comici
Creature rare, i comici, destinate a restare eterni bambini, e a essere riconosciuti grandi artisti solo in tarda età, oppure dopo la morte.
Paolo Villaggio non voleva essere dimenticato, avrebbe voluto continuare a lavorare anche in età avanzata, temeva la morte e gigioneggiava per non essere costretto ad incontrarla viso a viso.
Più volte aveva pronosticato la data esatta del suo trapasso, ogni volta sconfessata dalla realtà. Amava il cibo in modo inverosimile, ma soffriva di diabete. Come un bambino disubbidiente sfidava la malattia e si sottraeva alle cure.
A teatro raccontava di sè in Paolo Villaggio: vita, morte e miracoli, monologo autobiografico tratto dal suo libro, edito nel 2002.
Un giullare che leggeva Franz Kafka
“Far ridere è una macchina infernale. Perché il giorno in cui ti rendi conto di non far più ridere … ti viene una grande paura di morire. Poi, questo paese è dominato da una religione il cui principale eroe è morto inchiodato ad una croce. Come si fa a far ridere?”.
Paolo Villaggio era un istrione estremamente serio e colto, in effetti un personaggio tragico che enfatizzava le sue stesse paure e debolezze.
Consapevole di quanto difficile sia l’arte del far ridere, lamentava la poca considerazione in cui spesso fu tenuto il suo talento artistico e negli ultimi periodi della vita ironizzava su se stesso, sui 1200 libri della sua libreria personale e sul fatto che, a pochi passi dall’ultimo viaggio, amasse leggere e rileggere Franz Kafka, il più tragico degli autori moderni, degno della risata più grandiosa, più paurosa, più colossale, più assurda.
Villaggio è stato un attore comico vero, uno scrittore di valore. Andava fiero del Premio Gogol conferitogli come scrittore umoristico. Lo ricevette in Russia nel 2012.
La carriera di Paolo Villaggio
Gli anni giovanili trascorsi a Genova e l’incontro con Maurizio Costanzo
A Genova Paolo Villaggio vive una giovinezza felice iniziando a fare cabaret e a intrattenere gli ospiti sulle navi della Costa Crociere con l’amico Fabrizio De André.
Incontra il cantautore a Cortina d’Ampezzo nel 1948 e insieme collaborano alla realizzazione di due canzoni, rese famose da Faber, Il fannullone e Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, musica di De André, parole di Villaggio.
Nel 1967, Paolo viene notato da Maurizio Costanzo che lo invita a esibirsi al Sette per otto a Roma. Seguono le esibizioni al Derby Club di Milano, l’incontro con Giorgio Gaber e l’esordio in televisione con Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni, nel 1968, in Quelli della domenica di Marcello Marchesi, Enrico Vaime, Italo Terzoli.
Collaborazioni prestigiose
Paolo Villaggio è il soldato alemanno Torz nei film diretti da Mario Monicelli: L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone alle crociate (1970) con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Lino Toffolo, Gigi Proietti, Gian Maria Volonté.
Recita in Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto (1971), diretto, scritto e interpretato da Vittorio Gassman e in Che c’entriamo noi con la rivoluzione? (1972) di Sergio Corbucci.
Partecipa a La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975 ) di Pupi Avati.
Con Roberto Benigni interpreta La voce della Luna (1990) di Federico Fellini. Riceve il Davide di Donatello.
Nel 1992 sostiene il ruolo del maestro nel film Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller.
Al Festival di Venezia, nel 1992, viene assegnato a Paolo Villaggio il Leone d’oro alla carriera.
L’anno 1993 è dedicato a Il segreto del bosco vecchio, di Ermanno Olmi, tratto dal romanzo di Dino Buzzati. Villaggio vince il Nastro d’argento.
Del 1994 il ruolo in Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli.